Lasciato l’Hotel Bernina, un minuto e varchiamo la soglia della stazione svizzera della Ferrovia Retica. Qui è anche il posto di dogana. Ci attende un viaggio molto breve, la destinazione è Poschiavo il capoluogo della valle omonima dove si parla italiano che si inserisce come un cuneo tra le italiane Val Malenco e Valle di Livigno e raggiunge la Valtellina a Tirano.
Da Tirano a Poschiavo il treno impiega circa mezz’ora per percorrere 15 chilometri. In questo punto la valle è molto stretta e ripida. Si parte dai 441 metri della città valtellinese e si arriva ai 1’014 della cittadina svizzera.
Dopo Brusio il treno costeggia il Lago, piccolo ma profondo, creato da un’antichissima frana che ostruì il fluire del fiume Poschiavino, il corso d’acqua che nasce dal Passo dellaForcola e si butta nell’Adda. C’è un’antica e accesa polemica sul nome del lago conteso da Poschiavo e Le Prese. Noi ci asteniamo dal prendere posizione, diciamo solamente che la versione più accreditata è Lago di Poschiavo, però scendiamo dal treno alla stazione di Le Prese, perché Svizzy, la nostra mascotte, è stato invitato addirittura a una crociera.
Una volta sbarcati non proseguiamo subito verso Poschiavo ma riprendiamo l’autobus e torniamo leggermente indietro, fino a Campascio per vedere il famoso “Miracolo di Sant’Agata“. È una storia molto curiosa che ci racconta Nicolò Paganini [sic] coltivatore di piccoli frutti (lamponi, more, mirtilli…).
Riprendiamo il trenino rosso e, questa volta, raggiungiamo Poschiavo. Un breve salto in albergo per lasciare giù il bagaglio e, dato che ormai si è fatta ora di pranzo e Svizzy su certe cose è molto puntiglioso. Da alcuni anni la Val Poschiavo porta avanti un bellissimo progetto ecologico: l’idea di una valle ad agricoltura completamente bio (attualmente siamo a circa il 90% del territorio) che fornisca i propri prodotti ai mercati e ristoranti locali.
Proprio accanto al ristorante si trova il Museo Poschiavino, allestito nell’antico palazzo De Bassus Mengoti. Molto bello e interessante perché, oltre a ospitare esposizioni temporanee, racconta la storia della vita in valle, dell’agricoltura e della emigrazione, e anche della vicenda dell’orso M13 che, “emigrato” nel 2013 dal Trentino, ha scorrazzato in lungo e in largo per la valle creando numerosi danni e disagi fino a quando non è stato abbattuto tra infinite polemiche. Reso, ahilui!, inoffensivo gli è stato tributato un postumo omaggio imbalsamato e collocato in una sala speciale del museo. Per chi poi volesse approfondire la storia della valle, Casa Tomè è un edificio del XIV secolo che ospita il museo etnografico.
Svizzy fa conoscenza di M13 al Museo Poschiavino [Foto: SvizzerAmo]Poschiavo ha una storia molto importante. Come Tirano, era un centro di passaggio tra Nord e Sud Europa e lo dimostrano gli antichi palazzi, come per esempio Casa Console, casa patrizia del XIX Secolo che oggi ospita un interessante museo d’arte. Passaggio di merci e di cultura. Già nel 1545 era presente in città la stamperia di Dolfino Landolfi (prima nei Grigioni) che diffuse numerosi testi della Riforma protestante in questa terra di confine dove la religione è stata più volte causa di scontri e financo massacri.
La valle, però, era sempre stata terra di emigrazione. La diaspora poschiavina raggiunse tutto il mondo, fino al Sudamerica e all’Australia, facendo i lavori più disparati, perfino i mercenari nelle guerre private. Ma, soprattutto, emigrarono i pasticceri! Era un’antica tradizione iniziata già a metà del ‘700 quando i poschiavini esercitavano la loro dolce arte a Venezia. Poi la politica ci mise lo zampino e una crisi tra la Serenissima e la Lega Grigia portò alla loro espulsione della Repubblica. Senza perdersi d’animo si spostarono in altre parti d’Europa, arrivarono fino in Danimarca, in Polonia, scesero in Italia (a Roma, Napoli e Palermo ci sono ancora le pasticcerie svizzere), ma molti fecero fortuna (tanta) nella Penisola Iberica.
Svizzy ha programmato di arrivare a Poschiavo di mercoledì perché era curioso di sbirciare tra le bancarelle del tradizionale Marcù in Plaza, il mercato che si tiene proprio in quel giorno sulla Piazza Comunale, il cuore di Poschiavo.
Le dimensioni del mercato sono proporzionate alle dimensioni della piazza, però si trovano tante specialità locali: formaggi, liquori, i famosi spaghetti di Poschiavo lunghi oltre mezzo metro, pane e dolci, poi ancora molti prodotti artigianali in legno, stoffa e altri materiali.
Ma l’edificio sacro più importante della cittadina è l’Oratorio di Sant’Anna con i suoi sontuosi affreschi barocchi. Nel 1903 (evidentemente in quell’epoca a Poschiavo erano in vena di mutamenti!) hanno trasformato la loggia dell’oratorio in un ossario. Un po’ macabro ma decisamente d’impatto.